La crisi dell'oppio - 2

di Chiara Lavitola, 10 Agosto 2022


I. LA CRISI DELL'OPPIO: UN FENOMENO AMERICANO

Riprendendo le fila del precedente articolo, dobbiamo farci questa domanda: perché la crisi dell’oppio è un fenomeno americano? E dico americano – non statunitense – non soltanto per accuratezza geografica (la crisi riguarda pienamente anche il Canada), ma forse perché rende meglio l’idea, quell’idea di American Dream che i recenti fatti geopolitici stanno contribuendo a smantellare con la forza di un uragano (o un’onda anomala, per restare in tema di crisi climatica). 

Gli autori del Lancet, famosa rivista statunitense, affermano quasi con leggerezza che gli oppioidi in America sono stati portati “dalla chimica e dal capitalismo1, come ogni altra forma di addiction. Ma cosa significa questa frase? È stato davvero, ancora una volta, il Capitalismo, questa brutta bestia? Per evitare il rischio di fare i politicanti a priori, ci siamo impegnati a indagare con la forsennatezza di un bambino in preda al dubbio dell’esistenza di Babbo Natale, quello che ci sembrava in assoluto l’ambito di più facile accesso: il sistema legislativo. Una vera gatta da pelare. Il confronto che ne è uscito fuori, a dispetto degli sforzi, è davvero interessante. 

II. CHI CONTROLLA L'OPPIO?

Negli Stati Uniti vige attualmente una legge del 1997 denominata Food and Drug Administration Modernization Act (FDAMA). Il commercio dei farmaci funziona in questo modo: una volta che una qualsiasi sostanza viene approvata in commercio, i venditori si scatenano in una lotta darwiniana pari alle faide tra tribù della giungla. Sostanzialmente, anche per i farmaci ad alto rischio, una volta che sono disponibili sul mercato, il dado è tratto: i controlli sono pochi, la sicurezza dei consumatori è nelle mani dei produttori. Perché, di fatto, la legislazione lascia la possibilità di monitorare i margini di rischio e di beneficio della sostanza X direttamente ai produttori. 

Esistono molti organi che dovrebbero monitorare a loro volta le industrie farmaceutiche, come ad esempio la FDA. Questa organizzazione potrebbe – e dovrebbe – controllare che le analisi di rischio vengano condotte come Dio comanda: la verità è che molte di esse sono tardive, inefficienti o addirittura inesistenti. Un esempio per tutti, ricordando lo scandalo della Purdue Pharma che aveva mosso la stesura del precedente articolo: la Joint Commission americana aveva un diretto contatto con Purdue Pharma per la distribuzione di false notizie sulla potenziale tossicità di Oxycontin.

III. L'OPPIO IN EUROPA

E in Europa, invece, la crisi dell’oppio non esiste? Siamo dei Santi? In effetti, così sembrerebbe. Ma andiamo più nello specifico. 

Anche in Italia, ad esempio, è permesso utilizzare oppioidi in determinate terapie, come specificato dalla Legge 38 del 15 maggio 2010 sulle Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore2. Questa legge afferma, letteralmente, che “si tutela e si garantisce il diritto di accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore a favore del malato con malattia inguaribile o affetto da patologia cronica dolorosa”. Dunque, fin qui, sembriamo abbastanza permissivi e ragionevoli. Secondo punto: in Italia esistono tre categorie di farmaci per questo tipo di malattie: gli oppioidi deboli (con meno effetti collaterali), gli oppiodi forti (in cui compare il famigerato fentanyl) e i FANS (antinfiammatori). 

Se vogliamo stare ai dati dell’ultimo decennio, in Italia “la codeina in combinazione con il paracetamolo è il principio attivo che ha registrato il maggiore incremento di utilizzo seguito dal fentanil e dal tramadolo. La morfina viene poco utilizzata a livello territoriale e l’incremento dal 2010 al 2011 è da attribuire al consumo a livello delle strutture pubbliche, non conteggiato negli anni precedenti.”[3] 

Dunque, sì, oppioidi ne abbiamo, ma di fatto non abbastanza. A dispetto delle influenze esterofile, la terapia prediletta per il trattamento del dolore sono ancora i FANS (antinfiammatori). Per quanto riguarda gli oppioidi, poi, un’altra cosa importante ci previene dal cadere in tentazione come i fratelli americani: “in Italia gli oppioidi forti vengono prescritti mantenendo uno stretto controllo ospedaliero, a differenza dei FANS che hanno una maggiore distribuzione territoriale”4. Il mercato del dolore in Italia è dunque ancora debole per quanto riguarda gli oppioidi. Questo, ovviamente, non ci rende in automatico i paladini della giustizia – impedire a priori l’accesso ad un farmaco pericoloso, per molti potrebbe sembrare una limitazione di diritto anziché una tutela – ma anzi pone l’accento sulla costante possibilità di cadere nella medesima situazione statunitense, qualora la legislazione cambiasse.

IV. DI CHI È LA COLPA?

Il problema della crisi dell’oppio negli Stati Uniti, a nostro parere, non è da imputare all’eccessivo liberalismo sui farmaci di per sé, ma alla mancanza di controllo sul gioco del marketing.

Nel 2016 l’industria farmaceutica ha speso oltre 20 miliardi nella sponsorizzazione dei prodotti direttamente ai prescriventi in USA. Il marketing pervasivo consisteva anche nell’inserimento di pubblicità occulte o semi-occulte nelle cliniche mediche, per convincere subliminalmente all’acquisto di prodotti oppioidi per il trattamento del dolore cronico. Il marketing è arrivato a svincolarsi anche dalle leggi che impedivano la diretta menzione al consumatore del prodotto potenzialmente pericoloso. 

In America le industrie farmaceutiche parlano direttamente al cliente, nelle strade, nelle cliniche, in televisione e in radio. Le farmaceutiche hanno finanziato campagne di sensibilizzazione al trattamento del dolore per normalizzare l’uso di oppioidi. Il bombardamento mediatico è ancora una volta la causa di una crisi che altro non è se non lo specchio di una piramide di potere, al cui vertice resta indiscussa l’industria del farmaco. Ma il modo più semplice per rendere tutto ciò solo un brutto scherzo del capitalismo sarebbe imporre una legislazione chiara in merito.

V. I MODELLI POSITIVI: OLTRE LA CRISI

Negli ultimi anni si è registrata nel Regno Unito una tendenza simile a quella americana nell’aumento del consumo di oppioidi, sebbene a livelli inferiori, ma senza un incremento segnalato di uso improprio o di decessi. Secondo gli autori il sistema britannico ha messo in atto una serie di misure (quali linee guida, tavole rotonde, training, monitoraggio, ricerca) finalizzate a una prescrizione equilibrata degli oppioidi. Sembra semplice, ed in effetti lo è: basterebbero davvero una tavola rotonda e qualche legge in più per far fronte alla crisi dell’oppio?

In USA alcuni Stati federali hanno leggi che limitano la possibilità di marketing diretto al prescrivente. Ma manca una legislazione nazionale e uniforme in merito. Al contrario, in Germania ad esempio, la legge proibisce di influenzare le prescrizioni mediche tramite regali e benefici. 

In America sembra davvero lontana la possibilità di ricevere una legislazione in merito: la libertà di parola individuale è da sempre considerata pari – se non inferiore – a quella delle corporazioni. Il problema è quasi di natura filosofica: azienda = individuo. Dunque, la parola di un’azienda farmaceutica equivale quella di un qualunque medico esperto. Eppure, a qualunque essere umano anche sprovvisto di nozioni filosofiche basilari, quella che sembra un’equazione appare subito, chiaramente, un ridicolo paradosso. Per la Corte Suprema, a quanto pare, è più doveroso intervenire contro un diritto fondamentale come l’aborto, piuttosto che contro una crisi nazionale mortale.

 

Bibliografia e Fonti