La scienza e l'irrazionale

di Maria Chiara Bristot, 25 Ottobre 2022

Cosa c’è di razionale nella scienza e nella sua evoluzione? O forse, quanto c’è di razionale nella scienza e nella sua evoluzione? 1

I. SCIENZA È RAGIONE?

Il binomio scienza e ragione è molto più sfaccettato di quanto si dica in questi tempi. Spesso siamo portati ad attribuirgli un significato fortemente interconnesso: la scienza è la massima espressione della razionalità, e la razionalità è l’emisfero cibernetico dell’uomo, quella parte fredda e calcolatrice che pianifica e pontifica. Se ci si sofferma sulla storia della Scienza e se ne osservano le dinamiche evolutive, quello che emerge è tutto fuorché uno sviluppo che potremmo definire razionale nel senso volgare del termine. Guardando da vicino la questione ci si rende infatti conto di quanto sia difficile dare un senso e una ragione univoci ai cambiamenti che sono avvenuti nella storia del panorama scientifico. Scopriremo che a ben guardare le rivoluzioni scientifiche procedono con meccanismi simili alle rivoluzioni politiche e sociali, ma ci arriveremo gradualmente, niente spoiler.

Questo non è un problema banale. Anche la scienza è inserita all’interno di un processo dinamico, essa evolve, fragile e resiliente, si adatta al processo evolutivo che sfida l’uomo quotidianamente. Affrontare questi e tanti altri interrogativi riguardo la natura della scienza può essere utile soprattutto per diminuire la “sbornia” mediatica di cui siamo tutti vittime quotidianamente. Le informazioni sono sempre tante, sempre più di carattere tecnico-scientifico, e trovare un modo per inserirle in un quadro complessivo dotato di senso risulta complesso. Iniziare ad affrontare questi interrogativi può essere il primo passo per metterci a nostro agio di fronte alla complessità del mondo che ci troviamo ad abitare.

In questo articolo approfondiremo in particolare l’interessante proposta di Thomas S. Kuhn sull’evoluzione della scienza. L’opera più famosa di questo filosofo si intitola “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” e contiene i riferimenti principali che troverete nel seguente articolo. Se ne rimarrete incuriositi vi consiglio la lettura integrale del libro, di facile lettura e adatto a tutti.

II. COS'È UNA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA?

Vi siete mai chiesti che cosa si intende per rivoluzione scientifica?

Spesso e volentieri quando sentiamo questa espressione veniamo catapultati indietro nel tempo, solitamente in quel periodo che percorre tutto il XVII secolo popolato dalle figure di Copernico, Galilei, Keplero. Niente di più corretto: infatti si tratta di un periodo estremamente importante in cui viene istituito per la prima volta un metodo scientifico fondato sulla conoscenza matematica del mondo. Tuttavia, spesso ci viene proposta come l’unica e la più determinante rivoluzione scientifica che diede origine alla “SCIENZA”, unico e inimitabile gioiellino tanto inneggiato oggigiorno. Questa versione dei fatti è però ingenua e ci viene subito chiarita da Kuhn. Le rivoluzioni sono infatti la norma, la scienza si sviluppa ciclicamente attraverso di esse e quando avvengono determinano un cambiamento completo nel modo di fare e pensare la scienza. Secondo questa visione fluida non esiste e non può esistere un metodo scientifico che sia universalmente e infinitamente valido ma tutto a un certo punto scade e deve essere sostituito da qualcosa di diverso. In sostanza Kuhn ci segnala che la storia della scienza pullula di rivoluzioni di cui probabilmente non ci siamo accorti e che vanno ben oltre il XVII secolo.

Ma procediamo con ordine.

III. COS'È UNA RIVOLUZIONE?

Vediamo più da vicino che cosa voglia dire il termine rivoluzione: esso indica un “mutamento radicale di un ordine sociale e statuale nei suoi aspetti economici e politici”. Questa definizione ci offre una chiave importante: una rivoluzione è qualcosa che avviene attraverso dei ribaltamenti repentini delle nostre abitudini sociali e nel nostro caso scientifiche.

Questo genera un’apparente contraddizione. Prendiamo ad esempio la rivoluzione scientifica di Galilei e Copernico. Gli storici stimano che il periodo in cui la suddetta rivoluzione si compie è lunga quasi più di un secolo: cosa c’è di repentino in questo? Il vocabolario ci mente? No, decisamente no, però sicuramente ci trae per un attimo in inganno. Ecco che quindi arriva Kuhn a risolvere il dilemma.

Secondo Kuhn, lo sviluppo della Scienza procede per tappe ben precise, schematiche, che si ripetono costantemente e circolarmente nella storia. La fase più sostanziosa di tutto il processo è definita come la fase della “Scienza normale”. Ad oggi ci verrebbe subito da chiederci: normale in che senso? In questa fase, la comunità scientifica si identifica con un particolare modo di fare scienza, è concorde a perseguire un certo tipo di interrogativi e obbiettivi. In buona sostanza, la comunità scientifica è compatta, forte, coerente; i metodi che essa utilizza sono considerati affidabili e danno risposte. Tutti sono portati a difendere il metodo in quanto considerato il migliore mai inventato, quello che salverà il mondo da non si sa bene quale disastro imminente (vi ricorda qualcosa?).

IV. LA SCOPERTA DELL'INSPIEGABILE

Questo lasso di tempo, ci dice Kuhn, è piuttosto lungo, ma da un certo punto in poi inizia una sorta di auto-sabotaggio. Come se la scienza normale fosse un grande cesto di frutta bello e lucente che però inizia pian piano a marcire dall’interno: da un certo punto in poi, emergono sempre più scoperte che sono in un certo senso inspiegabili, quello che si conosce non è abbastanza per dare una spiegazione di ciò che si osserva o si ipotizza. Tendenzialmente, quando la comunità scientifica si trova di fronte a qualcosa che non sa capire, tende a ignorare o sminuire il problema (nasconde la polvere sotto il tappeto, almeno in un primo momento). Ma le problematicità tendono comunque ad aumentare, e a far sorgere i primi dubbi sulla possibilità che ci siano altri modi per spiegare i fenomeni della natura. La rottura si genera quando il sistema della scienza normale ha così tante falle che non può più essere difeso, pena essere additati di atteggiamento antiscientifico. Ecco a voi la rivoluzione.

Possiamo quindi affermare che una rivoluzione è un processo lento temporalmente ma che produce un cambio totale nel modo di pensare, indagare, e percepire la realtà. La rivoluzione è quindi, neanche a dirlo, una rivoluzione del pensiero e rappresenta il modo “naturale” attraverso cui la scienza progredisce: di per sé non è mai qualcosa di eccezionale o straordinario. 

L’elemento rivoluzionario sta proprio nella rottura insanabile che si produce fra la vecchia scienza normale e quella che si andrà a costituire. Non si può parlare negli stessi termini di fisica Aristotelica e di fisica di Galileo o comparare la fisica di Newton a quella di Einstein, perché fra di loro vi è un abisso concettuale, storico, sociale. Non sono la stessa cosa ma intendiamoci, fanno parte dello stesso processo, un processo discontinuo ma pur sempre unitario, che procede creando voragini tra di loro tenute assieme da qualcosa che fa in modo che i pezzi non si perdano nel Metaverso.

Ora la cosa che ci rimane da capire è cosa produca questa voragine, cosa determini la rottura. Arriveremo così a farci pungere dalle domande che hanno aperto questo articolo.

V. QUESTIONE DI FORTUNA

Cosa rende bravo un giocatore di scacchi? Sicuramente la ferrea conoscenza delle regole che stanno alla base del gioco, la sua capacità impeccabile di applicare uno schema. Tuttavia ci accorgiamo che questa risposta è solo parziale. Un bravo giocatore di scacchi è bravo non solo in quanto applica degli schemi, ma in quanto è capace di mettere in campo una serie di abilità che vanno ben oltre quelle regole. La sua strategia di gioco non si compone solo di schematismi ma anche di fattori che potremmo definire extra razionali, come la sua capacità sociale di anticipare le mosse dello sfidante o di capirne i punti deboli.

Non siamo lontani dal punto della nostra questione. Cosa accade infatti quando ai due lati della scacchiera si trovano due paradigmi scientifici? Quello che sta accadendo è infatti il progresso della scienza e la partita che si sta giocando non è altro che la fotografia di quel momento preciso in cui il giocatore giovane e imberbe batte il campione mondiale. Kuhn su questo punto sembra essere chiaro quanto spiazzante: i motivi per cui un vecchio sistema scientifico viene abbandonato sono in fondo dinamiche irrazionali, dovute al caso, all’ambiente sociale, storico a un fattore semplicemente estetico. Questa spiegazione può non soddisfarci, ma è ben argomentata. Basti pensare a quanto il fatto di vivere in un certo contesto sociale e politico possa far sorgere delle questioni peculiari, che in contesti diversi non sarebbero sorte. Cioè, le domande che ci si pone e gli obbiettivi che ci si pone, da scienziati, sono dubbi e domande figli del tempo in cui vengono pensate e per questo sono passibili di modifiche nel futuro.

Ad Aristotele non sarebbe mai passato per la testa di mettersi a disegnare equazioni matematiche sul funzionamento dell’universo perché la sua teoria astronomica rispondeva perfettamente alle sue esigenze: dare un senso a quello che osservava con i suoi occhi quando guardava il cielo. Le osservazioni di Copernico e Keplero vengono soprattutto finanziate dalla Chiesa che aveva la necessità di calendarizzare in modo preciso alcune ricorrenze religiose. Spesso e volentieri è stato solo grazie a questi pretesti bizzarri che ci è stato possibile progredire di molto nella conoscenza del mondo che ci circonda. Spesso una teoria sbagliata viene difesa per molto tempo solo perché bella, perché la comunità scientifica si affeziona e la cerca di difendere a tutti i costi. Spesso l’unica cosa che può produrre un distacco da essa è la rottura totale, la rivoluzione.  In fondo a fare scienza sono pur sempre uomini, e siamo sicuri che la loro fredda razionalità cibernetica sia incolume dall’interferenza emotiva?

VI. DUELLI

In quasi ogni rivoluzione politica e sociale si può notare, da un certo punto in poi, la polarizzazione fra conservatori e riformisti. Entrambe le fazioni sono mosse da motivazioni ugualmente plausibili e la vittoria di una o dell’altra fazione si compone di un insieme intricato di botte di culo, propaganda riuscita bene e promesse irrealizzabili (a cui comunque qualcuno crede). È più o meno la stessa cosa che succede in Scienza, e tutto sommato non è strana. La cosa che ci deve suonare strana è invece pensare che possa esistere una verità assoluta verso cui la scienza deve progredire, una verità che una volta raggiunta sarà davvero la risposta ad ogni nostro problema.

Quello che ci dice Kuhn è importante anche perché ridimensiona la nostra concezione di progresso. Il progresso è un adattamento nuovo, è un cambiamento, ma non è necessariamente meglio di quello che sta prima. Non siamo necessariamente i più fighi ed evoluti che il mondo abbia mai visto, siamo solamente degli uomini figli del nostro tempo, mossi da certe esigenze che cercano di sopravvivere nel modo più funzionale possibile, ma spesso falliamo nel teorizzare e applicare la nostra scienza. In sostanza non siamo neanche così bravi come crediamo.

VII. PERCHÉ L'IRRAZIONALE NON CI DEVE SPAVENTARE

Tirando le fila possiamo dire che Kuhn ci dimostra molto bene come bisogna stare alla larga dal pensare che la scienza sia perfetta e inopinabile. Comprendere la Scienza di oggi vuol dire conoscerne l’evoluzione storica, vedere com’è cambiata col cambiare dell’umanità stessa. Questo ci può permettere di ridimensionarla e quindi di darle il giusto valore, che rimane comunque un valore inestimabile.

Per concludere veramente è necessaria una precisazione: non tutti i pensatori – anche in questo ambito – sono d’accordo. Imre Lacatos, per esempio, si oppone a Kuhn sostenendo che il processo scientifico sia un processo che proceda più per continuità che per rivoluzioni. Insomma, se vi appassionerete all’argomento, scoprirete come noi che non c’è mai fine a ciò che la Scienza e la Storia insieme ci possono insegnare.


Bibliografia

1. “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” Thomas S. Kuhn- Einaudi